A volte si utilizza il termine progettare solo in ambiti specifici ma, spesso inconsapevolmente, progettiamo quotidianamente.
E’ un progetto decidere come vestirsi, è un progetto decidere le priorità della propria giornata, è un progetto cucinare, …. Come scrive Bruno Munari (nell’articolo precedente) è solo una questione di complessità e di competenze coinvolte. Cambiano gli elementi, cambiano le relazioni, evidentemente cambia il prodotto, ma il metodo rimane invariato (o quasi).
Io progetto così: prima fase ricerca, spulcio libri, riviste, blog, paesaggi,…; scrivo e schizzo l’impostazione del lavoro sul mio quadernino, sotto gli occhi attenti, curiosi e affascinati delle mie tre piccole creature; cerco di gerarchizzare le idee, di sintetizzare il concept, tramite il quale fare pulizia di input, pulizia di riferimenti e lanciarmi verso il progetto, ma non senza aver legato un roast-beef e infornato un pane nero; la fase del progetto me la assaporo, la faccio lievitare lentamente, la re-impasto e attendo ancora, poi la stendo, le dò forma e alla fine la rendo presentabile, come si fa servendo un risotto al cumino a forma di piramide, spruzzato di paprika dolce e decorato con prezzemolo fresco.
Progettare è una necessità, che coinvolge ogni cosa.
La comunicazione del progetto mi appassiona quanto il progetto stesso, di fatto è un progetto nel progetto. Rappresentare al meglio un idea, con lo strumento e il linguaggio più appropriato per me è un obiettivo.
La presentazione non fa la sostanza, ma di sicuro aiuta a coglierla….quando c’è!